I contributi di Rita Riva, Franco Gerosa, Giorgio Cavalleri, Ignazio Cavarretta

da Rita Riva






da Ignazio Cavarretta

NON È UNA STORIA VERA ma un racconto di fantasia. 
Un insieme di ricordi, racconti, personaggi, veri e inventati, immagini e frasi, a tratti nebbiose, entrate nella mia testa da bambino sovrapposte a fatti realmente accaduti e a studi e letture della storia recente.

Cliccando il link qui sotto si arriva al portale che mi ha pubblicato questo lavoro.
Si intitola ERCOLE GUZZI, PARTIGIANO. È il secondo racconto della pagina aperta dal link. 





da Giorgio Cavalleri

" E come potevamo noi cantare/ con il piede straniero sopra il cuore/
fra i morti abbandonati nelle piazze/ sull'erba dura di ghiaccio, al lamento/ 
d'agnello dei fanciulli, all'urlo nero/ della madre che andava incontro al figlio/ 
crocefisso sul palo del telegrafo ?/ alle fronde dei salici, per voto,/ 
anche le nostre cetre erano appese,/ oscillavano lievi al triste vento "

di Salvatore Quasimodo



da Franco Gerosa


Un ricordo in onore di Corrado Lamberti

Voglio onorare Corrado Lamberti dedicando a Lui e alla sua famiglia questo ricordo di Emanuele Artom: un eroe, un intellettuale, un combattente. Un invito a conoscere la sua vita e i suoi diari, fonte per me di tanti insegnamenti. Proprio a Moltrasio fu dato il suo nome a una Brigata partigiana che ha operato sul monte Bisbino. Il nome Artom fu dato perché Emanuele era nato in una famiglia di intellettuali ebrei e i componenti della Brigata si adoperavano per salvare gli Ebrei aiutandoli a passare il confine italo-svizzero a rischio della propria vita.

Emanuele Artom
Aosta il 23 giugno 1915, morto sotto tortura nelle carceri di Torino il 7 aprile 1944, storico.

Nato in una famiglia d'intellettuali ebrei aperta agli ideali di libertà e giustizia, si era laureato in lettere all'Università di Milano, a pieni voti e con lode, con una tesi di argomento ebraico dal titolo Il tramonto degli Asmonei. Non poté tuttavia dedicarsi, come avrebbe voluto, all'insegnamento, prima per il fatto che non aveva aderito mai a organizzazioni fasciste, poi per l'adozione delle leggi razziali. Si dedicò così alle ricerche storiche, collaborando al Grande dizionario enciclopedico della UTET, traducendo per l'Einaudi Le storie di Polibio e Il secondo libro di Erodoto.
Emanuele Artom che, nonostante le persecuzioni razziali e lo scoppio della Seconda guerra mondiale, rifiutò sempre di riparare in Svizzera, nel maggio del 1943 si iscrisse al Partito d'Azione. Subito dopo l'armistizio, il giovane intellettuale si arruola (col nome di copertura di Eugenio Ansaldi) tra i partigiani, come delegato azionista in una formazione garibaldina di Barge comandata da Pompeo Colajanni. Diventa poi commissario politico delle bande "Italia Libera" in Val Pellice e in Val Germanasca.
Quando, nel corso di un rastrellamento, Artom cade nelle mani dei fascisti, è trasferito nelle carceri di Luserna San Giovanni. Un fascista, al quale aveva salvato la vita, lo denuncia come ebreo e la sua condizione si fa ancora più drammatica. Le torture cui è sottoposto non bastano a strappargli informazioni sulla Resistenza, così il 31 marzo del 1944 Emanuele Artom è trasferito alle "Nuove" di Torino, nel "braccio" tedesco. Le sevizie che i suoi aguzzini gli infliggono, sono tali da causarne la morte. I fascisti provvedono a liberarsi del cadavere, che non è mai stato ritrovato e che forse è stato sepolto sulla riva del torrente Sangone. Una Brigata partigiana operante nel Comasco, quando si seppe della morte di Emanuele Artom, ne assunse il nome.
Nel dopoguerra, il Municipio di Torino gli ha dedicato una piazza; la comunità israelitica torinese gli ha intitolato una scuola media ebraica; l'Università di Torino lo ricorda con una lapide, collocata nella biblioteca della Facoltà di Lettere. Una parte del diario di vita partigiana di Emanuele Artom è stata pubblicata, nel 1954, col titolo Artom - Tre vite. Più completo, nel 1966, col titolo Emanuele Artom - Diari, il volume del Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano.

Tratto da Donne e Uomini della Resistenza ANPI
La Brigata di cui si parla è proprio quella di Moltrasio